Narrate, uomini, la vostra storia

Il dopo “Tunnel” della domenica televisiva sembra fatto apposta per raffreddare gli animi surriscaldati dalle frizzanti trovate dei simpatici Guzzanti § Company. E così, al divertimento  scatenato Rai Tre ha fatto succedere il garbato trastullo intellettual-salottiero del duo Placido-Montanelli in “Eppur si muove”, al quale è seguito in un crescente diminuendo “Taxy-story”, un anemico spettacolino di attualità con filmati e racconti di storielle “piccanti”. Nella puntata di domenica scorsa,  l’attualità era rappresentata da un’intervista ai tassisti napoletani, dai quali mi attendevo qualche fatterello realmente “piccante” condito con il brio e l’estro partenopeo e alternativo alla solita letteratura erotico-tassinara ufficiale, sponsorizzata dal cinema facile e imbastita sull’irrefrenabile pulsione di  donne insoddisfatte attratte dall’avventura di  pochi minuti con lo sconosciuto. Ed ecco il racconto filmato -interrotto ogni tanto dai petulanti interventi  verbali, tutti prevedibili, della conduttrice- di un anziano e scolorito taxi-driver, un racconto -ispirato forse  a  fatti remoti, perché allo stato di decomposizione attuale l’autista appariva improponibile per qualsiasi ruolo, anche per quello di narratore-, tutt’altro che piccante, ma  sicuramente pretenzioso nell’intento di coltivare nel pubblico  la crescente morbo-curiosità  per il sesso “proibito”: alla fine della corsa un giovanotto gay, da repertorio datato, invita l’anziano autista  a casa, con un’offerta di centomila lire. Questi accetta e  sale; ma quando il giovanotto tra una mossetta e l’altra   tira fuori il profilattico  (“o’ profilato” in gergo), il narratore, come da copione, mostra stupore, perché afferma, non aveva capito bene (alla sua età e con quel mestiere!) le intenzioni del cliente e si inventa una scusa banale, un incontrollabile attacco di claustrofobia per cui deve scappare, salvando così l’orgoglio mascolino  che gli permetterà di raccontare agli amici la storia riveduta e corretta. In verità, la fluidità discorsiva e  l’aria malandrina del tassista ringalluzzito dall’evento, lasciavano trasparire un rigurgito di indomito bullismo piuttosto che il compiacimento per   un caso di gerontofilia.

Certo il fragile filmato non ha aiutato alla verosimiglianza; neppure la simpatica cadenza napoletana,  così prodiga nell’elargire  successi  a tante mezze-calzette della scena vesuviana, è valso un merito per il narratore -furbo, o ingenuo non importa- il quale, invece, ha offerto al pubblico l’occasione di riflettere sulla diffusa tendenza degli uomini alla marchetta, incuranti dei limiti di età che, invece, dovrebbero essere vagliati  per maturare  prudenza e buonsenso: a un disattento telespettatore, come me, non è sfuggito che il poveruomo ha dimenticato di precisare a chi dei due toccava indossare “o profilato”, ingenerando un dubbio plausibile, soprattutto nei maliziosi, come me, i quali, considerando  che si comunica tra persone della stesso genere di gusti erotici,  si saranno posta la domanda: chissà se il tassinaro  ha salvato il fondoschiena, ammesso che lo avesse tenuto in salvo fino a quel momento. D’altra parte il dubbio è alimentato dall’assenza di codici fisici inequivocabili: voglio dire che se il tassinaro fosse stato uno di quegli irresistibili  ragazzoni “poveri, ma belli”, come ce ne sono nella realtà, sarebbe stata verosimile la tentazione del cliente e il suo conseguente  invito retribuito; purtroppo il falso moralismo di scena in  Tv crede di mitigare la scabrosità pruriginosa di certi temi con personaggi sbiaditi che possano in qualche modo attutirne  la portata trasgressiva. Le pensa tutte (sbagliate), la TV!  Comunque, anche questa rubrica  va  gettata nel calderone della slabbrata spettacolarizzazione del costume sporcaccione che serve di  incitamento al proselitismo, o alla fuga dalla società: ergo, da gettare alle ortiche (26 aprile 1994).

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