In Francia, nel 1600, Padre Garasse della Compagnia di Gesù, tutto impregnato di livore controriformistico, compilava una lista nera di scrittori libertini -tra i quali figurava Petronio Arbitro- le cui opere, “scritte per la dannazione dell’anima”, dovevano tornare alle fiamme da dove erano giunte. Eppure, proprio Petronio era stato un castigatore di costumi e aveva saputo fissare con il sorriso ironico dell’intelligenza epicurea lo spettacolo della capitale corrotta e seduttrice per penetrare in profondità e senza i filtri dell’ideologia le verità allucinanti della società neroniana. Si trattò, dunque, di una svista grossolana -certamente calcolata dall’astuto e incolto uomo di chiesa- che trovò la contropartita, qualche secolo dopo, in Nietzsche, il quale lodò in Petronio “le ali ai piedi, il respiro, lo scherno liberatore d’un vento che mantiene sana la gente, perché la fa correre”.
Di Petronio ci sono rimasti frammenti della sua opera più famosa, Satyricon, della quale riportiamo in sunto un passaggio (cap: LXXXV-LXXXVII) per apprezzare il suo stile elegante, intessuto di malizia e di “tongue in cheek”: Eumolpo racconta di quando, soldato, si trovava a Pergamo in qualità di assistente del questore e si invaghisce del di lui figlio, ma non sa come fare per conquistarlo. L’occasione propizia gli viene offerta la sera in cui, innalzando la preghiera a Venere, dea dell’amore, il seduttore si accorge di trovare piena risposta nel seducendo, fino a un rovesciamento della situazione nella sera seguente, quando il ragazzino in vena di smancerie finge resistenza e alle insistenze di Eumolpo minaccia di dirlo a papà; ma poi, cede e si lascia prendere e riprendere e vorrebbe essere ancora ripreso, finché il soldato stremato minaccia: “Se non dormi, lo dico a papà”. Il quale, però – lasciamo la metafora di Petronio e veniamo alla realtà odierna-, se si fosse svegliato, avrebbe creduto subito allo stupro e alla violenza e glielo avrebbe dato a intendere anche l’avveduto fanciullo rifattosi pecorella per sottrarsi all’ira del padre disonorato. Eumolpo se la sarebbe vista con la giustizia, la quale, almeno ai nostri giorni, punisce ogni abuso che il maggiore commette sul minore. Ed è bene che sia così, perché il minore, a causa della sua natura indefinita, non conosce né limiti sociali, né remore morali, e non fa funzionare ancora i freni inibitori; perciò, vive le sue esperienze con il fascino della scoperta e la semicoscienza della trasgressione. E sarebbe stato lecito -anche se non onesto- che il padre esigesse il risarcimento da Eumolpo (non l’impossibile ripristino della situazione precedente allo stupro), risarcimento ovviamente preteso in proporzione della consistenza economica del seduttore, la quale se fosse stata pari a quella di un divo dei nostri giorni, per esempio di un Michel Jackson, avrebbe fruttato un bel po’ di sesterzi alla famiglia del piccolo Shirley Temple petroniano.
Viene da chiedersi quante perseguitate Shirley Temple imparano molto presto che la famiglia e le istituzioni possono essere, talvolta, di grandissima utilità pratica. Certo, nella giungla dell’eros le cose sono già abbastanza complicate; figuriamoci quando c’è di mezzo un minore e per giunta dello stesso sesso dell’adulto: finché i due partner s’intendono, tutto procede nella fiaba e nell’idillio, tutto è bellezza e fantasia, anche la violenza, anche il sadismo e più ancora. Appena uno si stanca e questo uno è il minore, ecco apparire il mostro, lo stupro, e l’eros è un reato. Come orientare la nostra coscienza? E’ ben difficile, poiché c’è anche il sempre riemergente tabù dell’omofilia, scalfibile ma irremovibile tabù cresciuto e fortificato nello sciocchezzaio di scienziati cha da sempre provano a far credere che l’omofilia sia un’anomalia fisica e non una trasgressione alla norma sociale eterofila. E sì che per anni e anni nel mondo hollywoodiano i divi consacrati a simboli inattaccabili di virilità sono stati costantemente sconsacrati dal profluvio di pubblicazioni biografiche di sostegno a un capovolgimento della fama consolidata per far posto a un’altra verità che restituisce un Rodolfo Valentino corruttore di Errol Flynn, un Ramon Novarro tenacemente legato a Douglas Fairbainks, e via di seguito in una dinastia che giunge ufficialmente a Rock Hudson e lascia solo alle dicerie dei rotocalchi e alle telenovelas altre verità riguardanti personaggi attualissimi, i quali affidano la loro virilità piuttosto alle pose e all’uso smodato della palestra con il risultato di apparire spesso più simili alle superbombe siliconate che agli eroi e agli dei dell’antica Grecia.
Comunque, allo stato attuale delle cose è bene, insistiamo, che il diritto protegga i minori dagli abusi che sono tanti e, certo, il più riprovevole è quello dello stupro, anche se è il più difficile da individuare per la possibilità che il minore sia consenziente. Tuttavia, il diritto, come non può con la sanzione restituire la vita a chi l’ha perduta, così non può restituire l’equilibrio a chi l’ha smarrito. Il problema non è giuridico, ma pedagogico: in che modo potrà il minore che ha subito, o voluto il trauma dello stupro imboccare la giusta via? Certamente non invocando risarcimenti, né offrendo l’accaduto alla stampa e alla morbosità dei curiosi, ma ristabilendo quel clima di comprensione, di intimità, di amore, capace di dare al fatto la dimensione liberatoria di una semplice esperienza di vita … e basta, senza ipoteche per il futuro. Il clamore della pubblicità spesso spinge il minore a prendere coscienza della devianza e dell’anomalia e può istigarlo al calcolo e all’ipocrisia. Il complice e silente amore di una madre può restituire la sicurezza e l’onestà.
Così accade in una poetica storia d’amore raccontata da Umberto Saba, dove il poeta tra il rimpianto di una giovinezza lontana e l’affiorare di reminiscenze dell’antica Grecia dà vita al personaggio di Ernesto costruito con il tessuto umano dei ragazzini dei nostri giorni e legato da un’intima amicizia a un bonario e semplice operaio. La felicità dell’incontro, reso in commosse notazioni umane, sfocia e si conclude nel racconto fatto da Ernesto a sua madre palpitante e soccorrevole che, alla fine, scarnificando, chiede con apprensione a suo figlio: “Ti ha fatto male?” No. Ernesto, come Wilhelm Meister, è cresciuto e si prepara ad affrontare la vita dei grandi, sfrondata della poesia e dell’incanto, ma rinsaldata e rassicurata. Senza traumi, né scandali e né risarcimenti (Settembre 1993).
Claudio, mi piacerebbe che tu dissertassi, con la
tua facile espositzione dei fatti, sull’estetica e su Petronio . Veux tu?
Robert