Schiaffeggiati da una cronaca che ci rende sempre più offesi nel nostro bisogno di umanità, non possiamo non procedere a confronti fra le diverse fasce della crudeltà e della stupidità che ci circondano. L’integrità e la felicità della fanciullezza è nelle nostre preoccupazioni; il fulcro delle tragedie giovanili è la morte, ma si palesa una sempre più terrificante ambiguità delle ragioni fatali, dei percorsi diabolici che spingono la fanciullezza nel seno perverso di una fine che è la loro più schiacciante antitesi. Accade, così, che la Tv ci mostra bambini bosniaci, o ceceni, attanagliati dalla morte e dalla distruzione, giocare e rincorrersi sulla neve immacolata, quella stessa neve che in pochi istanti sarà insanguinata: colpi di cannone, sventole di mitraglia partite non si sa perché, né si sa da dove, li falcidiano e troncano per sempre un anelito che fino a poco tempo fa era così palpitante e irrefrenabile.
D’altra parte, in un mondo come il nostro, abbandonato da un vecchio stile orribile e consegnato a ipotesi non delle più rassicuranti, la noia, la stanchezza, l’inerzia, la perdita di ogni idealità, di ogni speranza, se sedimentate nei figli di un fragile benessere, si proiettano anche nei fanciulli in ipotesi strambe e disperate di risoluzioni di quei piccoli casi, che, a volte, nella fluida immaginazione giovanile appaiono insolubili. E’ l’esempio di morte facile che viene da ogni parte, che germoglia perniciosa da ogni angolo del mondo, che affiora dalla letteratura cinematografica, che sgorga indisturbata dalla Tv – spesso unico contatto dei bimbi con il mondo esterno- e avvia un‘infernale opera di impossessamento su piccole anime senza equilibrio, senza consiglio, senza esempio. Così, la morte diventa gioco, diventa sfida, affermazione di primato e unica possibilità di far valere un protagonismo costantemente negato per l’assenza di ogni stimolo formativo rivolto alla fresca età, età che conosce già il furto, la prostituzione, la violenza, la droga, come moneta corrente, per un andare avanti inconscio e oscuro, pronto a inciampare nella prima sciocca occasione.
Eppure, ad onta di tali verità agghiaccianti la Tv ci propina tutta una pubblicità “infantile”, nella quale l’infanzia, se da una parte rivive tutto il cretinismo di tanta letteratura in mala fede, dove essa appare beota e beata nella posticcia armonia che la circonda, dall’altra, ostenta un comportamento schizoide scisso fra il candido edenismo dell’incoscienza e il logoro edonismo del consumo. Negli spot pubblicitari, bambinacci saccenti dialogano con adulti immaturi, esprimendo preferenze per questo o quel prodotto, dai detersivi ai brodi di carne, a dispetto dei bambini veri e a rischio, i quali se ascoltassero i loro messaggi non potrebbero che confermarsi nel malessere e nel disgusto per un mondo che li ignora e li sfrutta. La donna ha combattuto e combatte ancora per sottrarsi al “destino” di donna-oggetto, ma chi si farà garante di un’infanzia cosciente dell’inutilità di vivere senza meta, senza amore in un’unità familiare costruita solo sul consumismo? (16 febbraio 1995)
Che cos’e’ il mondo? Una piramide lo sanno tutti. E poi, chi ha il coraggio di descriverlo?
Occorrerebbe fare il gioco delle verita’