La Grecia esiste e possiede una tradizione e un folklore: ne ha dato la prova Rete 4 in una puntata di “Sentieri”, dove si celebra un matrimonio in rito ortodosso con lo scambio di corone sulla testa dei nubendi alla presenza di un papàs con cappello a cilindro svasato. Immediatamente dopo la cerimonia, lancio del riso e musica di festa, il sirtaki , di sicura memoria storica legata al successo del film Zorba il Greco (1964), dove il simpatico factotum-nullafacente, Zorba, l’americanissimo Anthony Quinn, si esibiva nella famosa danza musicata da Theodorakis. Ci mancavano solo i souvlakia e un tuffo in mare per rispettare la liturgia e considerare compiuto il ritratto della Grecia, almeno come era negli intenti del produttore americano e come vive nella memoria collettiva della massa turistica disinformata e ignara.
Purtroppo è accaduto e accade che le orde barbariche che si riversano sulle coste elleniche in camper e orride tenute complete di marsupi e cappellini a visiera, credono di imprigionare l’immagine della Grecia nella “terra di nessuno” con echi di una storia trapassata remota e un presente racimolato con gli scarti di beni di consumo da offrire a incolti viaggiatori. La colpa di tutto ciò non è, certamente, dei turisti, la maggior parte dei quali sollecitati dalle mode e dal desiderio di omologazione proprio delle fasce deboli della civiltà; la colpa è del paese che non ha saputo trovare una fisionomia con cui presentarsi allo sguardo del mondo nella sua drammatica realtà, intessuta di passato- un passato comune a tutta la civiltà del Mediterraneo e dell’Occidente, come affermava il greco Giorgio Seferis, premio Nobel 1963 per la letteratura- e di presente che non è solo fatto di taverne, di balli e di mare, ma di spasmodica ricerca per riappropriarsi di quei valori che furono già suoi e che sono stati all’origine della formazione dei nuovi paesi civilizzati e delle loro identità culturali. E allora: spetta alla Grecia il compito gravoso di spazzare il campo dai pregiudizi gratuiti che si sono stratificati in tanti anni di propaganda turistica di bassa lega; spetta alla Grecia risvegliare la memoria dei più lenti per riconoscerle il posto d’onore che le compete nel consesso culturale europeo; spetta ancora alla Grecia di trattenere gli spiriti più brillanti e di arrestare il fenomeno della diaspora dei suoi figli per il mondo. (Ricordiamo, di sfuggita, che la più grande soprano del XX secolo, Maria Callas, era greca solo per codice genetico, ma americana e italiana per tutto il resto e, particolarmente, per la sua folgorante carriera artistica. La Grecia non ha fatto nulla per riappropriarsene, nemmeno dopo la sua morte).
Le immagini proposte dalla telenovela “Sentieri” sono quello che sono, immagini del peggior repertorio ellenico riduttivo e distorcente, rivisitato da un incolto produttore americano che strizza l’occhio allo sprovveduto turista deluso di non incontrare per le strade templi, eroi e dèi dell’antichità e convinto che la Grecia offra solo divertimenti e i soliti orribili souvenir di plastica, utili, purtroppo, a denunciare la sua impreparazione; immagini che, perciò, lo spettatore civilizzato non può accettare dagli addetti a una realizzazione filmica che, avendo a disposizione -oltre tutto il resto- un‘attrezzatura cinematografica professionale, se ne escono con le banalità figurative più generiche e inessenziali. Lasciando da parte gli scempi a cui già ci hanno avvezzato i nostri italici vandali, la Grecia è stupenda delle sue bellezze naturali e dei ricordi storico-leggendari scolpiti nella nostra psiche in graffiti di eternità: ci vuole un occhio sensibile e intelligente per illuminare e per catturare la Bellezza di quel luogo, capace ancora di risvegliare la nostra anima in letargo. … Infine, che cosa andiamo cercando da una telenovela non peggiore di tanti altri orribili prodotti televisivi? (22 agosto 1994).